Che cos’è il ticket (sanitario)?
Il ticket (sanitario) è la “quota della prestazione sanitaria che resta a carico dell’assistito” (PDS), ovvero il contributo che i cittadini devono pagare per partecipare in parte alla spesa del Servizio Sanitario Regionale. Sono esenti da tale pagamento alcune categorie di persone, ognuna identificata da un codice, come ad esempio i cittadini di età inferiore ai 6 anni e quelli di età superiore ai 65 (si rimanda per un elenco completo a https://www.regione.toscana.it/-/esenzioni#situazione%20economica). Il ticket solitamente deve essere pagato quando ci si reca al Pronto Soccorso con un codice di priorità 4 o 5 (cioè rispettivamente verde ‘urgenza minore’ e bianco ‘non urgenza’) oppure ogni qualvolta si ricorra alle prestazioni specialistiche. Dal 2011 fino al 2020 era presente anche il cosiddetto superticket sanitario, un contributo ulteriore di 10 euro per le prestazioni ambulatoriali.
Da dove deriva la parola?
La parola ticket è un anglo-francesismo, cioè un termine d’origine inglese entrato prima nella lingua francese (nella forma ticket modérateur già dal 1936, secondo Höfler 1982, e attestato anche nel TLFi) e poi, attraverso questa, nella lingua italiana, a partire dal 1977 (cfr. D’Achille 2012: 126) con l’ufficialità data dall’allora Ministro delle Finanze Filippo Maria Pandolfi. Questa vicenda è ricordata da Arrigo Castellani (1920-2004), grande linguista e filologo, nonché accademico ordinario dell’Accademia della Crusca, in un saggio intitolato Morbus anglicus (letteralmente ‘malattia inglese’) in cui denuncia l’inutilità di parole straniere all’interno degli ambiti ufficiali della lingua italiana. A proposito di ticket lo studioso scrive:
È grave la responsabilità di certi organi statali nell’introduzione di forestierismi perfettamente inutili – che poi, grazie alla loro «ufficialità», diventano d’uso generale. In una lettera al «Corriere della sera» del 30.5.1977 (p. 5), Don Amelio Nodari, di Bergamo, rimproverava giustamente il suo concittadino Filippo Maria Pandolfi, ministro delle finanze, per aver proposto ticket (adoperato da allora nel senso di ‘contributo sanitario’), pur rendendosi conto che la gente non avrebbe capito (e spiegando: «Che cos’è il ticket? È un tagliando, diviso in due pezzi»). «E perché allora non ha detto subito e semplicemente tagliando», chiede Don Nodari; e conclude che l’onorevole ministro sarebbe passibile d’ammenda. (Castellani 1987: 147).
Se da una parte ticket non avrebbe alcuna ragione di esistere in italiano, se non forse quella di offrire un’immagine più efficiente del sistema sanitario grazie al ricorso all’inglese, lingua peraltro in cui ticket significa ‘biglietto’ e non ‘contributo sanitario’ (si dovrebbe quindi parlare di pseudoanglismo semantico, di cui peraltro non mancano altri esempi), dall’altra bisogna aggiungere che il termine in questione ha generato (e genera tuttora) malapropismi lessicali in parlanti che non familiarizzano più di tanto con le parole straniere. Colombo (1992: 89) segnala come agli sportelli delle Unità Sanitarie Locali (cioè le USL, col d.lgs. del 30 dicembre 1992, n. 502, divenute poi AUSL o ASL), siano frequenti espressioni come “Si paga il tic?”, “Lei lo ha il tic?”, in cui tic rappresenta un adattamento popolare di ticket, accostato all’ideòfono (cfr. D’Achille 1994: 73, n. 43; D’Achille 2019: 32). In ultimo, va detto la parola ticket nell’italiano contemporaneo ha assunto anche altri significati: ad esempio indica anche il buono pasto (D’Achille 2019: 72), in ambito informatico la ‘richiesta di assistenza; la relativa pratica: aprire un ticket’ e in quello sportivo delle corse ippiche lo ‘scontrino consegnato dal totalizzatore con gli estremi della scommessa effettuata’ (Zingarelli 2022). Tant’è che l’aggettivo sanitario che lo accompagna serve appunto a precisare di quale ticket si sta parlando.
Alternative?
Sebbene l’italiano disponga all’interno del suo lessico diverse alternative, come ad esempio contributo sanitario, quota sanitaria o lo stesso tagliando indicato dall’ex Ministro delle Finanze Pandolfi, la parola ticket sembra ormai acclimatata (anche se non adattata) all’interno della nostra lingua. Non ci resta che conviverci pacificamente, prendendo consapevolezza del suo significato, della sua pronuncia e della sua storia.
Kevin De Vecchis