«La medicina è una scienza sociale e la politica non è altro che medicina su larga scala»
Rudolf Virchow, 1848
Cos’è
Le zoonosi sono malattie infettive di origine animale in grado di effettuare uno spillover, un “salto di specie” e trasmettersi agli esseri umani. Il termine, all’apparenza esotico, si applica ad un catalogo di agenti patogeni piuttosto corposo, e abbraccia circa il 60% delle malattie infettive oggi conosciute.
Alcune di queste, come la rabbia, sono piuttosto comuni e ormai familiari; altre sono nuove e spesso sporadiche: compaiono in taluni gruppi umani, mietono un numero di vittime relativamente contenuto, e quindi scompaiono per anni. A questo secondo gruppo apparteneva l’ebolavirus, responsabile della tristemente nota “Malattia da virus Ebola”, causa della tremenda epidemia che si è abbattuta sull’Africa occidentale intorno al 2014. I focolai di Ebola (e degli altri patogeni della stessa famiglia, quella dei filovirus) raramente si diffondevano al di fuori di piccoli gruppi umani ed il numero di casi era in precedenza sempre molto contenuto: nel 2014 qualcosa cambiò, e la malattia si diffuse nei grandi centri abitati, mietendo centinaia di vittime. Il virus non aveva subito mutazioni significative, ma probabilmente si erano notevolmente intensificati i contatti con il suo ospite originario (ancora non c’è assoluta certezza sulla sua identità, ma le evidenze scientifiche portano a ipotizzare che si tratti del pipistrello della frutta, le cui carni vengono consumate abitualmente nelle zone rurali dell’Africa Occidentale) a causa del rapido e costante incedere dell’antropizzazione (occupazione dell’uomo di nuovi ecosistemi). Il contesto geografico potrebbe portare a pensare che storie di questo genere siano aliene al “primo mondo”, ma è tutt’altro che così: possiamo citare a titolo d’esempio il colera, che ha flagellato l’Europa fino al secolo scorso.
Altre ancora si sono guadagnate una chiara fama ma ormai ci appaiono lontane e sono state definitivamente debellate: la peste bubbonica è ormai considerata quasi un elemento costitutivo del medioevo per come lo studiamo sui banchi scuola. Infine, non possiamo non citare la SARS causata dal Covid-19. Sebbene ancora oggi non sia certa l’identità dell’animale da cui il virus ha effettuato il salto di specie, sappiamo che l’origine dei coronavirus è animale.
La paternità del concetto di è attribuita a Rudolf Virchow – patologo tedesco vissuto alla fine del XIX secolo nella Prussia di Bismarck – accanito studioso della patogenesi delle malattie e sostenitore della tesi per cui esse originino nelle cellule, nel 1859 fu anche Consigliere Comunale a Berlino dove attuò importanti riforme sul fronte della salute pubblica, estendendone il concetto all’alimentazione ed all’igiene[1]. Nel 1848 Virchow ricevette l’incarico di trovare le cause all’origine di un’epidemia di febbre petecchiale scatenatasi in Slesia: nella sua relazione finale, aspramente critica delle condizioni di vita precarie in cui versava la popolazione, lo studioso teorizza l’origine multifattoriale delle malattie, sostenendo come fossero le condizioni materiali della vita quotidiana delle persone a rappresentare la principale causa di malattia e morte; arriva addirittura a imbastire una pioneristica, per quanto per certi versi ancora grezza, definizione di quelli che oggi sono comunemente chiamati “determinanti di salute”. La sua testimonianza è ancora oggi considerata un apripista delle concettualizzazioni contemporanee di salute, mettendo sotto i riflettori dello studio scientifico le connessioni inscindibili tra mondo animale e società umane.
Storia e origini
Si tende a far risalire l’origine delle zoonosi all’epoca ancestrale in cui i gruppi umani si dedicarono alla domesticazione degli animali, in quanto il salto di specie può avvenire in qualsiasi contesto in cui vi sia contatto (o consumo di carni di vertebrati, prodotti di origini animale o altri derivati) con essi. Prima della sedentarizzazione, quando i gruppi umani erano di piccole dimensioni e si sostentavano grazie alla caccia ed al raccolto di vegetali che crescevano spontaneamente, un eventuale patogeno in grado di effettuare il salto di specie non aveva a disposizione né il tempo né il numero di potenziali ospiti necessari a cronicizzarsi; di conseguenza, l’infezione umana era molto probabilmente sporadica, casuale o accidentale (o un cosiddetto dead-end host, “ospite a vicolo cieco”); si pensi, ad esempio, alle comuni pulci: sono parassiti di cani e gatti, solo occasionalmente, talvolta in condizioni di necessità, scelgono l’uomo come bersaglio.
Quando la convivenza tra umani e altri animali è diventata più stretta con la domesticazione con una quotidiana condivisione degli spazi vitali, ciò accade con maggiore frequenza e il salto di specie assume caratteristiche diverse delineandosi in una vera e propria zoonosi; il patogeno (sia esso un virus, un batterio , un parassita o un prione) può evolversi per sopravvivere e proliferare nel corpo umano, per “saltare” più efficacemente, oppure ancora “ritirarsi” nell’organismo animale ospite originario, cronicizzandosi ed effettuando il salto con maggiore frequenza. Tornando al succitato esempio della pulce, qualora i nostri animali domestici ne siano infestati il morso sull’essere umano diventa più frequente.
Come funzionano e perché rappresentano un rischio concreto per la salute globale
Probabilmente basterebbe citare la pandemia globale causata dal Covid-19 per evidenziare i rischi che le zoonosi rappresentano per la salute umana, ma i confini sono ben più ampi.
Come anticipato, il salto di specie di un patogeno può essere casuale e limitato: esso non riesce a proliferare nell’uomo perché sconfitto dal sistema immunitario, non possiede o non acquisisce le caratteristiche necessarie alla trasmissione tra esseri umani, non riesce a cronicizzarsi e quindi non fa in tempo a diffondersi (perché l’organismo lo sconfigge o perché – come avveniva nel caso dell’ebolavirus – l’ospite muore troppo in fretta).
In altri casi, come per il Covidd-19, il salto può essere definitivo: in seguito ad una mutazione diventa un patogeno eminentemente umano. Ma questo è anche il caso dell’HIV, il virus responsabile dell’AIDS, originato dal SIV, il virus di immunodeficienza delle scimmie; studi genetici hanno dimostrato che avrebbe fatto il salto di specie nel 1909 circa. Persino il raffreddore, anche se la comunità scientifica non ne è ancora certa, sarebbe stato originariamente una zoonosi.
L’ospite originale del patogeno zoonotico è chiamato reservoire host, “riserva naturale”. Il reservoire host è una specie dove il patogeno riesce a cronicizzarsi, causando pochi o nessun sintomo, proliferando e trasmettendosi tra i differenti individui che ne compongono i collettivi. Passando da una cellula all’altra, da un’ospite al prossimo, le mutazioni si moltiplicano (soprattutto se si tratta di un virus) e il patogeno ha innumerevoli occasioni per evolvere e ripercorrere una delle strade sopra evidenziate.
Lo spillover, il salto di specie, può avvenire per numerosi fattori; le principali modalità sono:
- contaminazione di cibo o delle riserve d’acqua, come nel caso dell’escherichia coli, della salmonella, del campylobacter (microorganismo responsabile della malattia di Guillan-Barré), dei calciviridae (famiglia di virus responsabile della gastroenterite, l’epatite E, il vomito invernale);
- allevamenti di animali, soprattutto intensivi: il contingentamento di un gran numero di animali in spazi ristretti rende la trasmissione dei patogeni più semplice e rapida, ed espone al rischio di zoonosi il personale che ci lavora a stretto contatto. Seguono questa modalità la toxoplasmosi, la morva (o farcino), l’antrace, la clamidia, la febbre Q, la listeriosi. Anche l’influenza aviaria ha questa origine: ricordiamo come, nel 1918, un ceppo di influenza aviaria si combinò con il virus dell’influenza umana e diede origine all’influenza spagnola;
- commercio di selvaggina e attacchi da parte di animali: a questa modalità riconduciamo l’origine della pandemia da Covid-19, la già citata malattia da virus ebola, e la rabbia;
- trasmissione tramite insetti vettori: insetti che si nutrono di sangue o che parassitano animali possono trasportare i patogeni zoonotici dall’animale all’uomo. Con questa modalità effettuava il salto la peste, e lo fa ancora oggi la malattia del sonno, la dirofilariosi, la tularemia (anche detta febbre dei conigli), il tifo, diverse tipologie di encefaliti e le più recenti febbre del nilo occidentale e la malattia da virus Zika.
- Animali domestici: i nostri amici a quattro zampe possono veicolarci un certo numero di malattie, come la dermatofitosi, la giardiasi (causata da un protozoo), la malattia da graffio di gatto, la già citata più volte rabbia.
I patogeni zoonotici, proprio come le pulci del nostro esempio, sono pericolosi anche perché, avendo un ospite originario in cui “rifugiarsi”, non è possibile debellarli con metodi tradizionali: ad esempio, il vaiolo, che non è una zoonosi, è stato definitivamente sconfitto grazie ad una campagna vaccinale orchestrata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità negli anni ’80 del secolo scorso. Avendo come unico ospite l’essere umano, una volta eradicato da esso, il patogeno non può tornare. Questo non è possibile con le zoonosi, anche con quelle che già conosciamo, poiché dovremmo agire sugli spazi liminali in cui esseri umani e animali convivono, sia per consuetudine e abitudini consolidate, come nel caso degli animali domestici sia – e questo rappresenta probabilmente la vera sfida per il futuro – nel caso degli animali selvatici i cui habitat vengono progressivamente occupati dall’uomo e dalle sue attività.
di Gennaro Evangelista – Federsanità ANCI Toscana
[immagine di World Health Organization]
[1] Virchow aggiornò il sistema fognario e di approvvigionamento idrico della città, introdusse una legge per il controllo delle carni, promosse una campagna di sensibilizzazione contro le malattie infettive.