Il progetto di vita

C’è un concetto che attraversa, in modo sempre più netto, l’evoluzione delle politiche per la disabilità: quello del progetto di vita. Un’espressione che richiama non solo un insieme di interventi coordinati, ma una visione culturale, sociale e giuridica che mette la persona con disabilità al centro, in quanto titolare di diritti e soggetto attivo della propria esistenza.

A sancire questo cambio di paradigma è stata la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, che ha ispirato la recente riforma nazionale attuata con il decreto legislativo n. 62/2024. Proprio il progetto di vita viene individuato come fulcro del nuovo modello di presa in carico: un percorso personalizzato, condiviso, orientato all’inclusione e all’autodeterminazione, ricomponendo i diversi ambiti del welfare – sociale, sanitario, abitativo, educativo – in un disegno unitario costruito attorno ai bisogni della persona.

Sul piano operativo, la riforma ha avviato una fase sperimentale che interessa inizialmente solo alcuni territori, con l’obiettivo di essere progressivamente estesa a livello nazionale. In Toscana, l’attuazione della riforma è stata sancita con la delibera regionale n. 1614/2024, che ha dato avvio alla sperimentazione nella provincia di Firenze.

In questo contesto, ogni persona con disabilità può richiedere l’attivazione del proprio progetto di vita, rivolgendosi alla Zona Distretto o alla Società della Salute territorialmente competente. Una volta ricevuta la richiesta, il percorso deve concludersi entro 90 giorni. La costruzione del progetto coinvolge un’équipe multidisciplinare denominata Unità di Valutazione Multidimensionale (UVMD), che individua un referente — il case manager — che accompagna il processo in tutte le sue fasi. Le UVMD mantengono un ruolo centrale nella lettura condivisa dei bisogni e nella definizione degli obiettivi personalizzati. La persona con disabilità, o la sua famiglia, può inoltre indicare soggetti di fiducia — come un familiare, un operatore o un rappresentante associativo — da coinvolgere attivamente nella costruzione del progetto.

Il progetto di vita non è solo una procedura, ma una chiave per costruire risposte pubbliche più capaci di generare libertà e possibilità. Per questo va pensato non come un adempimento, ma come un processo di costruzione di senso, che mette in relazione servizi, comunità, famiglie e aspirazioni personali.

La Regione Toscana ha sviluppato, nel corso degli anni, approcci che si sono rivelati anticipatori rispetto agli orientamenti attuali della normativa nazionale. Attraverso specifici atti quali la delibera regionale 1449/2017 sul Progetto di Vita, ha promosso pratiche coerenti con la partecipazione delle persone e delle famiglie, la personalizzazione degli interventi e l’integrazione tra servizi. In questo solco si inserisce anche il ruolo riconosciuto alle UVMD, chiamate a contribuire all’elaborazione del progetto di vita attraverso un’analisi partecipata e integrata dei bisogni e dei desideri, in coerenza con i principi della presa in carico globale e continuativa promossi dalle delibere regionali 1642/2019 e 1055/2021.

Di Iacopo Benini – Federsanità ANCI Toscana

[Foto di Leah Newhouse]

 

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